di Giuseppe Firrincieli

 

A  GEREATIDE 

 

Al rimbombo tonante della fucina di Efesto,

rispondean i flutti egeaditi

e chinandosi al tuo possente volere

ubbidian alla tua sete di spazio.

 

(lei)

Figlio mio ho appreso conoscenza e col mio segno di fuoco,

per infiniti millenni, ho scaldato gli animi.


Eternamente additata sono stata anche amata.


Tormentata perché vittima della crudeltà più infame, non ho obliato la speranza.


Da crosta e senza l’aiuto di un sapiente pennello,

dopo anni di sofferente sterilità ho partorito la vita.

Sono riuscita a coniare un marchio indelebile e

orgogliosa me ne vanto.

 

(figlio)

Fulgidi occhi dal nero profondo

potranno attraversare oceani, galassie,

non ci sarà   mano possente che possa cancellarne la genesi.

 

(lei)

Ho dato il mondo dentro di me.
 

Tu sei andato via, ti chiama spesso colei che ti ha dato alla luce,

ti invita a tornare

 è il mio volere.

 

(figlio)

le devianze soffocano la libertà.

 

(lei)

Ma tu non negarmi per questo.
 

No! Non puoi ignorarmi ovunque tu vada

peregrino o esaltato tra nuove mischie.


Non pensare che la tremenda e crudele realtà non laceri il mio cuore,

mentre ad un tiro di schioppo godono gli sciocchi,

coloro che consideri fratelli.

 

(figlio)

Ti giuro ho dato anch’io un senso all’ ' essere.

(lei)

Io ti ho aiutato a spianare i sentieri della ragione, per capire

scoprire gli equilibri del vivere insieme. Credimi non sono irraggiungibili.

No! Figlio mio,

non mi inchino alla tua delusione.
 

Ricordi bambino, leggende romantiche?

Personificavi nella tua piccola mente leggendari protagonisti, tuoi avi.

Scenari suggestivi e non fantastici la mia immagine,

le mie secche misteriose le mie dimore incantate. Gli aspetti sinistri ti hanno turbato.

 

(figlio)

E’ il fardello più pesante che io mi porti addosso.

Parlavo con te,

due conchiglie fra le tante, raccolte in quella distesa coperte di salsedine,

portavo una all’orecchio, l’altra appoggiavo alle labbra.

Capivo che era la tua voce e come ora aspiravo i tuoi messaggi.

 

(lei)

Eri pieno di gioia.

 

(figlio)

Ero un conquistatore e

le mie confessioni non erano nenie malinconiche.

 

(lei)

La mia bellezza, mi dicevi, ti appariva senza pari.

 

(figlio)

Ed io l’andavo a constatare tra le foto del mio sussidiario di terza elementare.

Allora era lungi da te rimproverarmi.

 

(lei)

Eppure tu sai cosa potrei usare per difendermi.

 

(figlio)

Non vi è il bene se non vi è il male.

 

(lei)

Rispondevi sì, per confortarmi, quando lamentavo violenza.

Ora dico a te,il male scaturisce dall’invidia, ma anche dalla difesa.

 

(figlio)

In verità sono segni di debolezza, di mancato respiro, di sciovinie.

 

(lei)

Tu dici che la colpa è tutta mia,

non per aver dato la vita, ma

per aver miscelato odi e amori,

non ho detto no e figli d’altri suoli sono venuti a calpestarmi e

ad ammazzare la mia progenie.


Ne ho fatto un mio conflitto, ho dato pure segni di stanchezza ho ricominciato.

Quando i tuoi cari avi si immolarono per la mia dignità,

popoli diversi, come serpi bandite, li fecero apparire ai tuoi occhi.


E gli stessi assassini e gettonati guerrieri ti convinsero che erano loro i veri patrioti.

Oggi,

mi rinneghi, sei ubriaco di male.

Non come quando, timido ragazzo fissavi, con i tuoi occhi sperduti, il flusso e riflusso delle onde

e sognavi la paura del pescatore.

 

(figlio)

Non immaginavo tanto,

ero padrone di tanto.

 

(lei)

Oltre il nulla.

Hai perduto un bene prezioso per non starmi vicino, non il vello degli argonauti, il mio velo.

 

(figlio)

I sacrifici miei sui banchi di scuola,

dieci cento colpi in mano.

 

(lei)

La tua è stata una invidiabile ascesa all’apprendimento,

la tua formazione.

 

(figlio)

Il mio offrire al recupero.

 

(lei)

il non sentito rispetto alla madre tua.

 

(figlio)

Svanite le mie speranze

 

(lei)

hai assoldato eserciti di figli miei,

pronti al sacrificio, e per chi,

e perché   accecati solo dal tua carisma.

 

(figlio)

Per loro il pane,

poter vivere.

 

(lei)

Per te la loro vita.

Che sacrificio sterile!

 

(figlio)

Che triste epilogo!

Assetato di gloria e poi?

 

(lei)

Una voragine ai piedi

Sogno di un povero giustiziere.


Sei sempre in tempo esci dalla mischia degli insulsi onnivori,

predatori di storia umana.

Esci esci