L’escursione sull’Etna.

 

L’indomani Ludovico, Roberto, Cesàr e gli uomini di scorta erano sull’Etna. La piccola comitiva era accompagnata dal personale della Guardia forestale. Dalla sommità del vulcano si domina il Val Demone fino a Messina e il Val di Noto e buona parte del Val di Mazara: non valli, ma le tre aree amministrative in cui gli arabi avevano diviso la Sicilia.

Giù, ai piedi dell’Etna c’era Catania con tutti i paesi etnei limitrofi.

«            Roberto, quando te ne andrai da quest’isola, questo vulcano sarà sempre l’ultimo a porgerti il saluto con il suo pennacchio di fumo del cratere principale a tremila metri d’altezza» gli gridò vicino all’orecchio Ludovico cercando di superare il rumore all’interno del gippone che si muoveva fuori pista.  

Lasciata questa “dimensione”, il gruppo scese giù verso la costa e il mare si fece trovare puntuale all’appuntamento, era lì, tutto sommato così vicino. All’alba, a Catania, Roberto aveva visto il sole sorgere dal mare. Al rientro, a Scoglitti, vide tramontare il sole nello stesso mare. Che strano, pensò. La luce color sanguigno gli penetrò nell’animo e un po’ alla volta vide una luminosità così intensa da scuoterlo. Prima si trasformò in azzurro e poi in un bianco abbacinante. Il tramonto sul mare chiamò a raccolta tutti i colori dell’iride, ma il rosso vinse su tutti e mentre il sole affondava in un mare sempre più scuro, anche le poche nuvole mosse dal libeccio si vestirono di rosso.

Avevano trascorso una bella giornata sull’Etna ma Ludovico non si fermò a questo. Preannunciò a Roberto che ne nei giorni successivi lo avrebbe portato in giro per tutta la Sicilia.

«            Percorrerai i luoghi lasciati da tuo padre, e prima ancora da tanta altra gente, non del tutto distrutti dall’incuria, dall’ignoranza e dalla scellerata voglia di cambiare tutto, sotto la spinta della modernità, di un malinteso progresso. Troverai anche luoghi malsani e distrutti. Per fare finta di dare lavoro a questa gente, gli italici, con la connivenza di traditori siciliani, hanno commesso lo scempio più infame provocando malattie e morte. Ma troverai anche le testimonianze di un passato di gloria che ti riporteranno alla mente personaggi storici e mitologici, retaggio di una grande cultura; e spero che la consapevolezza di ciò ti faccia gridare “adesso basta!”. Caro Roberto bisogna riscrivere la storia siciliana e fare capire alle nuove generazioni che loro hanno un passato; uno dei più grandi e quindi una loro identità da difendere oggi , gridando “Prima di tutto siamo siciliani, e siamo orgogliosi di esserlo”, …e l’Italia? …purtroppo non è vicina».

 

Noi italiani e voi siciliani.

 

Ludovico avrebbe voluto descrivere a Roberto la Sicilia così come lo aveva fatto Edmondo De Amicis, durante il suo passaggio in Sicilia all' inizio del novecento. Lo scrittore annotò sul suo diario quelle che erano state le sue impressioni e le sue sensazioni. Ma era una descrizione romantica di un uomo colto del nord che si era innamorato della Sicilia solo a vederla e che forse non avrebbe centrato l’obiettivo che Ludovico si prefiggeva nel parlare a Roberto della sua Sicilia. Ludovico aveva sottolineato con la matita i passi che più lo avevano colpito.