Ludovico e Roby. Un travaso di passione

 

Roby Bertani, l’undici febbraio scorso, era partito da Scoglitti a bordo di una berlina blu di grossa cilindrata. Accompagnato da due guardie del corpo aveva raggiunto Palermo dove lo attendeva lo zio Matteo fratello di ‘Nzino Bertani. L’architetto fu felicissimo di rivedere il nipote che non vedeva da dieci anni.

Roby la settimana successiva ritornò a Scoglitti. Ovviamente fu ospitato da Ludovico nella stanza che era di sua sorella Turidda e che lui aveva preventivamente svuotato non solo di tutti gli indumenti della donna ma aveva anche provveduto ad eliminare quadri di santi e di madonne immaginette, pizzi, centrini, pupidde, bomboniere, bullittini e camurrie  varie. Aveva anche provveduto a riempire il frigo di coca cola, aranciate e birre; era inverno ma ci aveva spiato a Cesàr quali erano i gusti del giovane Bertani.      

Ludovico se la cavava bene in cucina ma, finché era solo, poteva anche permettersi di cunsari, scunsari la tavola e lavare i piatti indossando persino il mantale delle sue sorelle. Ma la sua reputazione di maschio siciliano non gli permetteva di fare i sirvizzi davanti ad altri, chiunque essi fossero. Figuriamoci se una cosa del genere si fosse saputa al Circolo di Ibla. Al solo pensiero a Ludovico gli agghiacciava la schiena. E così da quando Cesàr era suo ospite andavano a pranzare o a cenare in trattoria, alla Tana del Pescatore, dove don Luciano Busacca, il proprietario, e sua moglie Angelina cucinavano divinamente.

Cesàr, dopo una settimana, era ormai di casa in quella trattoria, e la sera che Roby tornò da Palermo fu anche lui della comitiva. 

«            Sabbenarica prufissuri, s’accomodi, …trasiti!».

«            Luciano, da oggi siamo in tre a venirti a trovare»

«            Prufissuri lei qui è padrone e i suoi amici sono benvenuti. Bonasira Cesàr e bonasira anche a vossia» fece Luciano rivolgendosi verso Roby.

«            Luciano, sai chi è questo giovane? È Roberto Bertani il pronipote di don Gaudenzio Bertani».

A quel nome don Luciano Busacca si fece serio in faccia, guardò Roby, lo fissò negli occhi e gli appoggiò una mano sulla spalla. Dopo un attimo di silenzio indicò ai tre il loro tavolo già cunsato.

«            Assittativi che arrivo subito».

Poi don Luciano si rivolse verso la moglie.

«            Iangilina! prepara un antipasto per tre; c’è u prufissuri con amici nostri!»

I tre si sedettero al tavolo e Ludovico, di fianco a Roberto, lo guardò con aria interrogativa. Il giovane sorridendo disse:

«            A giudicare dalla faccia che ha fatto sentendo il nome Bertani non mi pare che l’abbia presa bene»

«            Roberto, il nome di Gaudenzio Bertani da queste parti è un nome molto rispettato. Mi pare impossibile che qualcuno possa avercela con lui».

Poco dopo tornò don Luciano con in mano una foto in bianco e nero incorniciata con un’antica cornice in legno.

«            Prufissuri Lauretta lo conoscete chi è questo?

Ludovico prese in mano la foto in cui c’erano due uomini in piedi, in divisa, uno di fianco all’altro e ognuno di loro poggiava il proprio braccio sulla spalla dell’altro. Nell’altra mano entrambi tenevano un fucile mitragliatore Stern inglese.         

«            Certo che lo riconosco. È Gaudenzio Bertani!

«            Proprio così! E sapete chi è quello a lato di iddu?

«            Non ne ho idea. È troppo giovane.

«            È mio padre Pinuzzu. Mio padre bonanima ha combattuto nell’EVIS assieme a Gaudenzio Bertani.  

Ludovico passò la foto a Roberto.

«            Il tuo bisnonno era un eroe da queste parti. Non dimenticarlo finché rimarrai qui in Sicilia.

«            Lo so! Nonno Gaudenzio era uno degli uomini di Antonio Canepa.

«            E che ne sai tu di Antonio Canepa?

«            So quello che lei, professore, ha scritto a mio padre ‘Nzino.

«            Tuo padre ti ha fatto leggere la mia lettera?

«            No, veramente l’ho letta prima io. Mio padre, quando è arrivata la sua e-mail, stava male» poi rivolto verso il proprietario della trattoria «Mi scusi don Luciano, potrei avere una copia di questa foto?

«            E comu fazzu? Iù non me ne intendo di fari ‘sti travagghi.

«            Luciano, se ti fidi, ci posso pensare io. Tu mi presti la foto e io te la restituisco precisa così come tu me l’hai data».

«            Prufissuri, iù mi fidu ma vossia m’ava cridiri ca chista è l’unica fotografia cha haiu di me patri e a tegnu comu ‘na reliquia.

«            Luciano avvicinati! Guarda qui!

Il professore Lauretta prese il portafogli, lo aprì e da una scomparto tirò appena fuori una foto in bianco e nero poco più grande di un formato tessera: era la foto di Antonio Canepa.

Luciano Busacca guardò la foto e poi guardò in viso Ludovico.

«            Allura vossia u sapi di chi stamu parrannu!» 

 

L’indomani mattina spuntò una bella giornata invernale di sole. Roberto non era abituato a trovarsi in mezzo alla natura; né a svegliarsi col canto del gallo, vedere sorgere il sole, a spaziare con lo sguardo fino a distanze inusuali e sentire nel naso quell’intenso odore di salsedine. Era semplicemente affascinato. Aveva indossato solo un maglione di lana sui jeans e a piedi nudi era andato sulla spiaggia. La sensazione di libertà che gli dava l’affondare i piedi nudi nella sabbia non aveva prezzo. Niente scarpe di pelle nera, niente cravatte, niente orologi, niente appuntamenti e soprattutto niente cellulari. Ritornando verso casa vide una cosa che per lui era veramente fuori dal mondo. La stradina di accesso alla casa era invasa da pecore e capre e in mezzo a loro c’era Ludovico che parlava con il pecoraio.